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LA CATENA INTERROTTA 

 

 

dicembre 2011

Rossella Di Marco, giornalista

Un libro che parla di tutto il sesso possibile (lecito o no) e dove le parole non toccano mai la volgarità, non la sfiorano neppure. Guido Giacovazzi in “La catena interrotta”, tratta l’argomento, per certi versi scabroso, con eleganza, intelligenza e grande sensibilità. Sesso, dunque: con prostitute, tra uomini, per denaro e soprattutto tra padri-padroni e giovani figli maschi. L’atmosfera che si respira, pagina dopo pagina, diviene particolare quando si racconta di pedofilia, della violenza fisica e psicologica di un uomo su un bambino. Di un padre sul figlio, che una volta adulto farà la stessa cosa con il proprio, generazione dopo generazione, in una sorta di iniziazione al mondo gay. L’eredità di un segreto personale, quindi, insieme alla negazione totale della figura femminile. Una catena composta da anelli fatti di usi e soprusi, non facile da spezzare.


 

 

 LA CATENA INTERROTTA

 

novembre 2011

Prof.Gino Longo, docente

Ecco ritornare Guido Giacovazzi a una ricognizione storica a lungo raggio, per cogliere la staticità e contemporaneamente l’evoluzione di situazioni che riguardano i tre personaggi principali del suo libro: un padre, un figlio e un nipote. Ma siamo lontani anni luce dal primo romanzo narrativo, “Tre generazioni nel Corno d’Africa”, sia per l’ispirazione che per la “responsabilità” morale dello scrittore. Il male descritto stordisce chi legge perché è violenza cruda e gratuita, legata a pulsioni infime e a vizi inconfessabili, per giustificare i quali si teorizzano, da parte di un “dotto” personaggio del libro, principi e logiche strampalate, alla ricerca di possibili paletti di appoggio. Si parla tanto di sesso: omosessuale, in famiglia, di quando diventa fonte di profitto o di quando fornisce la possibilità per la scalata in carriera. Ma non è un romanzo erotico, non genera alcuna pruderie mentale, perché l’autore si avvicina con tatto ed estremo pudore alle argomentazioni. "La catena interrotta" non è un romanzo di nicchia, perché nel libro pulsano sentimenti totali e totalizzanti, che danno vita ai vari personaggi, il cui spessore è corroborato dai luoghi e dagli ambienti opportunamente creati dallo scrittore. E così le pagine scorrono velocemente alla ricerca e nella speranza di “ravvedimenti” possibili.


 

 

IL BARONE

 

novembre 2011

Massimo Di Marco, giornalista e scrittore

Complotto internazionale, cocaina, blitz, delitti: questo e altro nel libro "Il Barone", l’avvincente libro poliziesco di Guido Giacovazzi che racconta di un malavitoso affamato di denaro e potere. Il Barone è un uomo senza incertezze, vive di ricatti, manipola le persone, cerca in ogni modo di evitare la polizia sia greca che italiana, che lo cerca e alla fine lo trova, incastrandolo definitivamente. Il Barone come rappresentante di un mondo malato, quello della droga, dei facili guadagni, della morte del corpo e dell’anima. Il Barone che alla fine non può più scappare e che si arrende di fronte alla giustizia che lo inchioda, ponendo termine ai suoi traffici delinquenziali e al suo lavoro sporco. La parte buona della società alla fine prevale su quella malvagia. La denuncia dello scrittore è un atto dovuto, al fine di fare conoscere alcuni dei molteplici tentacoli della criminalità organizzata. La mafia è abile a nascondersi, a infiltrarsi, a uccidere persone, sogni e speranze.


 

 

LA CATENA INTERROTTA  

 

novembre 2011

Morena Manara, giornalista

Di tutte le razze, di tutte le classi sociali, di tutte le età: i pedofili hanno una faccia sola, quella della dannazione. Lo scrittore Guido Giacovazzi affronta l’argomento nel libro “La catena interrotta”, dove racconta la storia di Francesco, precursore di una generazione di omosessuali. Guidato all’estremo da un consumato amante del sesso tra uomini, trasmette infatti questa passione trasgressiva al figlio minorenne Vincenzo che, a sua volta, la tramanda al piccolo nipote Aldo. Una catena di avvenimenti dove la pedofilia, uno dei mali più terribili dei nostri tempi, viene non solo esaltata dal protagonista, ma addirittura consigliata come via di salvezza per l’anima maschile. Un mondo di uomini violenti, alla fine disarmati dalla mano ferma di una donna.


 

 

IL BARONE

 

settembre 2011

Prof.Gino Longo, docente

Guido Giacovazzi, con Il Barone ci avvicina al suo spioncino, da dove scruta l’evolversi delle complesse vicende dei personaggi che descrive e che danno vita a un “poliziesco” intenso, specie per l’escalation delle situazioni imprevedibili in cui si imbattono. E’ un “intrigo internazionale”, come internazionale è ciò che permette di discriminare gli attori della trama: preoccupati del profitto derivante dallo smercio di una partita di droga o determinati a sconfiggere sia il traffico che i trafficanti di cocaina, assicurandoli alla giustizia. Questa eterna dicotomia tra il bene e il male permette all’autore di delineare i profili dei buoni e dei cattivi, concedendo a chi legge la possibilità di schierarsi con passione da una parte piuttosto che da un’altra. I primi, i vincenti, sono un gruppo di agenti di polizia sinergici e puntuali, gli eroi di casa nostra, vicinissimi e umani, coloro che al mattino vanno a lavorare come tutti e che come tutti inseguono i propri sogni nel cassetto. Sono leggeri, simpatici e dinamici; Guido Giacovazzi sembra accarezzarli con la penna perché a loro è legata la possibilità di un futuro migliore. I secondi, i malviventi, appaiono pesanti e improponibili, non soltanto in quanto artefici del “male”, ma soprattutto perché i segnali subliminali dei contesti in cui agiscono li inchiodano a una vita grama, priva di emotività costruttiva, senza alcuna possibilità di raggiungere traguardi sereni.


 

 

 IL BARONE

 

luglio 2011

Andrea Marrone, autore e giornalista

Un armatore greco viene assassinato, senza un motivo apparente, ad Atene. Non ci sono ombre e neppure nemici nel suo passato, solo un breve diverbio con un suo socio. L’ispettore Nico e l’agente speciale Vicky scoprono che ad avere compiuto l’omicidio è un killer professionista, un ungherese esperto in travestimenti e il figlio dell’armatore ucciso rivelerà che il suo socio potrebbe essere in combutta con un personaggio elusivo e pericolosissimo: il cosiddetto Barone. Il Barone controlla il traffico di droga in Grecia ed è in affari con la mafia siciliana. L’indagine si sposta in Italia, dove l’affascinante poliziotta greca incontrerà il tenente Marco Trentin e tra i due scatterà una scintilla. I tre scopriranno che un enorme carico di droga è in arrivo e verrà diviso tra il Barone e il potente boss mafioso Cordaro. Ma ci sono anche altri poteri collusi con il Barone, una fitta rete di poliziotti corrotti, giudici compiacenti, avvocati senza scrupoli…


 

 

IL BARONE

 

giugno 2011

Chiara Paolillo, giornalista e antropologa

E’ uno scrittore o un cronista, un narratore onnisciente o un testimone dei fatti, colui che prende per mano il lettore e lo fa sbirciare da dietro la cinepresa? La storia narrata è così reale che pare di viverla assieme ai personaggi. Un romanzo che cattura per il realismo con cui sono narrati i fatti, ingarbugliati al punto giusto. Si svolge tra Atene, Roma, la Sicilia. Ma non si ferma solo al Mediterraneo. Fa approdare il lettore a bordo del Protoporos, la nave mercantile che trasporterà la partita di cocaina, fino sulle coste di Brasile e Colombia, toccando anche Medellin. Nel voler fare un parallelo con il cinema non vi è dubbio che per l'atmosfera che si respira e per il montaggio alternato, “Il Barone” ricorda “Scarface” di Brian De Palma. Muoiono sì dei giusti, come nel caso dell’assassinio iniziale con cui prende il via l’azione, e si parla sì di corruzione, ma soprattutto si intravede una forte fiducia verso le forze dell’ordine. E' un messaggio quello che l'autore vuole dare ai suoi lettori: tra tanti fatti di cronaca nera, a volte il bene riesce ad avere la meglio.


 

 

IL BARONE

 

aprile 2011

Laura Scaramozzino, docente di scrittura creativa  e critico letterario

“Il Barone” è uno di quei romanzi che si leggono d’un fiato, senza pause. Lo stile asciutto, il montaggio alternato e il ritmo serrato lo rendono un testo disseminato di sequenze concitate in cui il tempo e lo spazio presente si alternano a digressioni e ad anticipazioni che alimentano la suspense e la curiosità del lettore. Un poliziesco, quello di Guido Giacovazzi, che muove tra le atmosfere aspre di un Lumet e le tinte noir di un Hawks, sullo sfondo di un’ambientazione mediterranea suggestiva e dinamica. I personaggi positivi affermano una coerenza e un senso del dovere che non hanno nulla a che vedere con l’eroismo inaccessibile e mitizzato dell’eroe fumettistico. Il percorso da essi compiuto è un cammino di consapevolezza progressiva, di evoluzione dialettica, laddove, di volta in volta si pone l’ineludibile vaglio della possibilità di scelta. Il lettore si trova di fronte a un poliziesco avvincente e mai banale.  


 

TRE GENERAZIONI NEL CORNO D’AFRICA

 

 

dicembre 2000

Michele Februo, giornalista

Da Crispiano, Francavilla Fontana e Mesagne (Puglia) degli inizi del ‘900 i personaggi di questa storia si trasferiscono in epoche diverse in Eritrea. Si adattano molto presto alla vita coloniale, testimoni e autori della rapida crescita di Asmara, la bella capitale.

Matilde, nata ad Asmara nel 1906 incontra Giorgio di Crispiano e lo sposa nel 1927. Dalla loro unione nasce Giuseppe, primo rappresentate della seconda generazione della già numerosa famiglia, ormai solidamente radicata in Eritrea.

La conquista dell’impero nel 1936, la sua caduta dopo cinque anni nel 1941, l’occupazione inglese di Asmara nello stesso anno; la sistematica uccisione di nostri connazionali da parte degli indigeni sostenuti dagli inglesi; la federazione dell’Eritrea con l’Etiopia nel 1952; il fallito colpo di Stato nel 1960 ad Addis Abeba; l’annessione dell’Eritrea all’Etiopia con un colpo di mano di Hailè Sellassiè nel 1962; l’inizio della sanguinosa guerriglia da parte degli eritrei che ne rivendicavano l’indipendenza; la deposizione dell’imperatore nel 1974 e l’avvento della dittatura militare di Menghistu, sono gli avvenimenti che fanno da corollario alla travagliata e avventurosa vita della famiglia che è nel frattempo giunta alla sua terza generazione in terra d’Africa.

Questa storia è simile a quella vissuta da migliaia di italiani, attratti in Africa dal miraggio di una vita migliore, che li ha visti a volte splendidi protagonisti, ma molto spesso vittime dei sogni visionari dei governanti dell’epoca, che promettevano “un posto al sole”.
Un sole che è tramontato malinconicamente.


 

TRE GENERAZIONI NEL CORNO D’AFRICA

 

 

dicembre 2000

Massimo Romandini, autore

La recente lettura del libro “Tre Generazioni nel Corno d’Africa” di Guido Giacovazzi, da me recensito per la rassegna bibliografica di questo numero di “Studi Piacentini”, mi ha indotto a cercare su un quotidiano eritreo pubblicato in lingua italiana i riflessi del fallito colpo di Stato etiopico contro il negus Hailè Sellassiè I del dicembre 1960 attraverso la rilettura di articoli sul grave avvenimento che fu al centro dell’attenzione dei media mondiali dell’epoca, pur nella consapevolezza che i giornali eritrei in lingua italiana erano allora sotto il rigido controllo della censura del Governo Federale dell’Eritrea e, in ogni caso, condizionati in ogni loro manifestazione di pensiero. Un “difetto”, questo, che sperimentai ampiamente durante il mio soggiorno in Eritrea nella prima metà degli anni Settanta: anni, peraltro, di importanza decisiva per l’Etiopia che stava per mettere fine alla lunga storia del suo Impero per imboccare una strada nuova che si sarebbe riempita via via negli anni di migliaia di morti con la finale, tragica esperienza della dittatura di Menghistu Hailemariam.